Per ragioni affettive, da oltre un anno a questa parte ho il piacere di frequentare con assiduità la nostra meravigliosa regione Toscana, la quale, oltre ad avermi viziata e deliziata con le sue pietanze da capogiro e i suoi panorami campestri in stile “Il Ciclone”, mi ha anche naturalmente dato la possibilità di toccare con mano la simpatia – alle orecchie di una lombarda – delle coloritissime espressioni dei suoi abitanti, di cui spesso racconto a parenti e amici con una risata sempre pronta a esplodere. Tanto che a Natale una cara amica mi ha regalato scherzosamente il libricino Dizionario vernacolare da mette’n tasca – Toscano-Italiano”, di Giorgio Chiavistelli. È uno spasso! Questa settimana vorrei condividere alcuni dei modi di dire e dei termini che non smettono di divertirmi tutte le volte che li sento, leggo o rileggo.

Partiamo!

Giropèsca: qualcosa di non troppo chiaro e pulito; piccola bravata. Può essere riferito anche all’itinerario di un viaggio, nel senso di fare quello che comunemente sento chiamare in Lombardia “il giro dell’oca”. “Per venì fin quassù m’è toccato fare un giropèsca”. Devo ammettere che anche l’equivalente in romano “Er giro de Peppe” non è male in quanto a ilarità.

Se la mi’ nonna aveva le rote era un carretto: perdonando l’uso sgrammaticato dell’imperfetto per questo periodo ipotetico di terzo tipo – ma che vuoi, detta così è irrimediabilmente più immediata ed efficace -, è la risposta che si dà a chi se ne esce con un’affermazione sorretta da molte condizioni.

Se eri un fico t’avevo in bocca: idem con patate come sopra per la grammatica, equivale alla più erudita espressione “Lupus in fabula” o la più comune “Si parla del diavolo e spuntano le corna”. Oppure: “Chi si rammenta è per la strada!”, tipica di quando si sta parlando di una persona e questa compare all’improvviso.

Un c’ho mica scritto “Sale e tabacchi”: l’espressione viene pronunciata indicando la fronte ed equivale a dire “non sono mica scemo!”.

La Novella dello stento: l’espressione deriva da un giochetto che spesso i nonni facevano ai nipoti in età adolescente. Il nonno o la nonna chiedeva al nipotino: “La sai la Novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce mai? Allora te la devo dire o raccontare?” Se il nipotino rispondeva “Raccontamela” allora il nonno di rimando: “No. La Novella dello stento che dura tanto tempo non si racconta ma si dice. Allora la novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce mai te la devo dire un raccontare?” A questo punto il bambino rispondeva: “Allora dimmela!”. E il nonno: “No. La Novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce mai non si dice ma si racconta. Allora la Novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce mai te la devo dire o raccontare?”. E la cosa andava avanti finché uno dei due non si stufava. Quindi l’espressione è usata per definire una cosa che probabilmente andrà a finire in un nulla di fatto. “Hai sentito? In televisione hanno detto che voglio vogliono aumentare le pensioni. Che ne dici?” La risposta dell’amico è: “Ma è tanto che lo dicano e lo ripetano. Mi sembra che sia diventata la novella dello stento, sarà ma ci credo poco”.

Avere il palleti’o: avere quell’agitazione nelle gambe che di notte non ti fa dormire e per cui non puoi far altro che continuare a muoverle sotto le coperte.

La pesca der Giunti: acqua fino a’ coglioni e pesci punti: È detto per ironizzare sui pescatori che tornano a mani vuote. “Cosa hai preso? Hai fatto la pesca der Giunti?”.

La sai lunga la camicia di Meo: si dice a qualcuno che mena il can per l’aia e cerca di evitare il nocciolo della questione. Una cosa che dura all’infinito: “La sai lunga la camicia di Meo”.

Levare er fumo alle schiacciate: agire con scaltrezza e furbizia. Deriva dalla tradizione della preparazione delle schiacciate di Pasqua, dolci simili al panettone aromatizzati all’anice e preparate al forno a legna. Se durante la lunga e complessa preparazione, che poteva durare anche una settimana, qualcosa andava storto e le schiacciate per qualche motivo a fine cottura prendevano un sapore di fumo, non si poteva far altro che buttare via tutto. Colui che è in grado di togliere il fumo alle schiacciate (impossibile!) diventa dunque un mito d’uomo o donna che tutto può. L’espressione quindi diventa ora più chiara. “Deh quello lì, bimbo mio, leva er fumo alle schiacciate!”.

Lui lì se fa all’amore co’ la su’ moglie mette le ‘orna a tutta Livorno: È detto di una persona notoriamente conosciuta come grande…ehm…cornuto. Praticamente la moglie di costui è di così facili costumi da avere non uno ma molti “ganzi” sparsi per tutta la città.

E per finire, non ho resistito alla tentazione di includere in questa lista un’espressione alquanto scurrile, ma ditemi voi se non rende bene l’idea!

Se l’avessi in culo andrei a ca’allo ar Fanale: l’espressione – NB: questa volta espressa in un perfetto periodo ipotetico di secondo tipo, haha – è riferita a una persona particolarmente antipatica. Il luogo dove andare ad evacuarlo (muoio dal ridere!) varia da zona a zona. Per esempio il riferimento al fanale di Vada (circa sei miglia dalla costa) è tipico di Vada e Rosignano. Già a Cecina la destinazione cambia: “Deh l’avessi in culo andrei a ca’allo alle bocche di Bonifacio”. L’autore afferma di aver sentito una conversazione dove la destinazione veniva addirittura collocata nel Mar dei Sargassi. Alla richiesta di delucidazioni in merito al perché così lontano, la risposta fu: “Boia deh, se vai a ca’allo alle bocche di Bonifacio c’è il rischio che alla prima Libecciata te lo ritrovi qui. Invece nel Mar dei Sargassi, male che ti vada la corrente del Golfo te lo porta in Norvegia”.

Io non posso far altro che inchinarmi a cotanta maestria nell’ironia e cedere ad una sonora risata.

Colle di Val d’Elsa
San Gimignano
Campagne di San Gimignano

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